Lo scorso 14 marzo i sindacati e il Governo hanno stabilito il “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”, in cui sono indicate tutte le disposizioni che le aziende devono rispettare pena l’arresto immediato dell’attività.
Tra le misure più importanti c’è quella di rispettare la distanza di sicurezza, vale a dire che ogni lavoratore deve rimanere distante almeno 1 metro da ogni altro collega per tutta la durata dell’attività lavorativa. Se tale distanza viene rispettata non è obbligatorio dotare i lavoratori di mascherine o DPI. Nelle circostanze in cui l’utilizzo della mascherina è obbligatoria, quale scegliere?
Vediamolo insieme!
Che differenza c’è tra mascherine e DPI?
In particolare le mascherine medico-chirurgiche sono maschere facciali lisce o pieghettate (alcune hanno la forma di una coppetta) monouso, che vengono posizionate su naso e bocca e fissate alla testa con lacci o elastici. Queste costituiscono un utile barriera di protezione nella diffusione di agenti patogeni trasmissibili per via area (aerosol e goccioline). Inoltre l’uso della mascherina medico-chirurgica deve essere adottato in aggiunta ad altre misure di igiene respiratoria e delle mani e di tutte le altre misure precauzionali da tenere in luoghi pubblici e in ambiente domestico disposte nel contesto dell’emergenza da COVID-19.
Non è utile indossare più mascherine medico-chirurgiche sovrapposte e l’uso errato di una maschera può comprometterne l’efficacia di riduzione del rischio di trasmissione.
La mascherina medico-chirurgica, quando necessaria, va indossata, rimossa e smaltita correttamente, seguendo adeguate procedure”. Si raccomanda, infine, di sostituire la maschera medico-chirurgica con una nuova maschera pulita al termine dell’attività che può aver comportato esposizione a COVID-19, o non appena quella in uso si inumidisce.
VISITA PHARMAD
Cosa sono invece i Dispositivi di Protezione Individuale?
I DPI sono invece dei veri e propri strumenti di protezione per chi li indossa, e ce ne sono di tantissimi tipi, distinti sulla base del loro potere filtrante.
Abbiamo sentito molto parlare delle tipologie FFP1, FFP2 e FFP3: si tratta di una certificazione riconosciuta a livello europeo per classificare le maschere in base al loro potere protettivo:
- le FFP1 filtrano circa il 78% delle particelle di polveri, fumo e aerosol esterno
- le FFP2 filtrano circa il 92-95%
- le FFP3 hanno un potere filtrante maggiore, quasi del 100%.
Perché il termine FFP? Sta per “filtering face piece” e le tipologie 2 e 3 sono considerate le più efficaci nel contrasto al coronavirus.
È bene però verificare se quelle acquistate o in proprio possesso sono considerate monouso (garantite cioè per 8 ore di attività continua) oppure se possono essere utilizzate più volte fino a esaurimento del potere filtrante. Solitamente le indicazioni si trovano sulle schede tecniche delle maschere e nelle informazioni presenti sulla confezione. Se vengono riportate le lettere “MN” significa che sono monouso. C’è anche un altro aspetto da considerare: alcune di queste mascherine presentano una valvola che ha la funzione di permettere una migliore respirazione dell’utilizzatore. Questa valvola però riduce il contenimento delle particelle emesse dall’utilizzatore per cui protegge maggiormente chi utilizza la maschera rispetto agli esterni.
VISITA PHARMAD
Come sanitizzare le mascherine?
Esistono misure di sanitizzazione dei suddetti DPI monouso con filtro facciale, ma sono tecniche che devono essere compiute da personale formato e per essere valide deve essere rilasciata una certificazione che confermi la corretta esecuzione dell’attività. In sostanza possono farlo solo alcuni soggetti professionalmente autorizzati.
Sebbene siano stati condotti numerosi studi in merito che hanno evidenziato come alcuni metodi di disinfezione siano in grado di rendere gli agenti infettivi non vitali in maniera efficiente per alcuni modelli di respiratori, l’effetto di questi metodi sul livello di degradazione dei materiali che costituiscono i DPI (e in particolare sul mezzo filtrante) non è noto. Eventualmente, solo i singoli produttori possono fornire indicazioni attendibili questo particolare aspetto. I metodi di disinfezione possono comportare alterazioni del DPI che possono influire sul livello di protezione, perciò metodi casalinghi basati sull’uso di alcol non sono verificabili né certificabili per cui non si possono considerare efficaci.
VISITA PHARMAD
Oggi tutte le imprese devono adeguarsi al protocollo, per qualsiasi informazione o se vuoi trovare la soluzione migliore per la tua azienda, contattaci telefonicamente o via mail: saremo felici di aiutarti con una proposta personalizzata.
Telefono: 348 0648769 – Email: info@pharmad.it